Lirica in TV: Andrea Chènier vs. La Damnation de Faust

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Il teatro musicale in TV è un gioco voyeristico. L’occhio della telecamera privilegia un’inquadratura, sceglie un punto di vista settoriale che lo spettatore presente in sala non è costretto ad adottare. Nell’alternanza di campi lunghi, primi piani e dettagli ci viene propinata una visione che può migliorare un brutto spettacolo oppure impoverirne uno di grande qualità.

Il suono riprodotto ci dà un’idea approssimativa di volumi, accenti, ricami sia orchestrali che vocali. Ma, ed è un ma che racchiude tutte le motivazioni per operazioni di tal fatta, la lirica in televisione o sul grande schermo è una testimonianza per i posteri o semplicemente per chi non potrebbe mai accedere a determinati contenuti.

In poco meno di una settimana ci sono state servite su un piatto due prime, il tradizionale Sant’Ambrogio scaligero e l’apertura della stagione del Teatro dell’Opera di Roma. Premettendo che l’approccio mediato attraverso i microfoni RAI è notoriamente falsato, conseguentemente evitando di soffermarci sulla qualità musicale e sulle prove dei cantanti impegnati nelle due produzioni, ciò che colpisce è il contrasto stridente fra due entità differenti. Come due pianeti che orbitano attorno alla stessa stella e che non si incontreranno mai, siamo saliti su due mondi che sembrano avere nulla in comune se non essere basati su una partitura e un libretto.

Per settimane siamo stati bombardati da notizie e rumors sullo stato di avanzamento dell’ Andrea Chènier scelto dal Maestro Scaligero Riccardo Chailly, mentre nella capitale si provava senza troppi clamori La Damnation de Faust affidata alle cure di Daniele Gatti.

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Giunto il momento del debutto e senza azzardarci a mettere a confronto due lavori che null’altro hanno in comune se non la brevità (appena due ore di musica circa), la prima riflessione che scaturisce a pelle dalle immagini serviteci è che dopo tutto la lirica in TV è un gioco di sguardi. Sguardi che Yusif Eyvasov, Chènier a Milano, tiene incollati sul direttore per la tensione, che Anna Netrebko, Margherita de Coigny nella stessa produzione, lascia vagare nel vuoto, che Pavel Cernoch, Faust a Roma, riempie di paura o di speranza a seconda delle situazioni, che Alex Esposito, Mephistophélès convinto, fissa mellifluo sui colleghi che dividono la scena con lui. Negli occhi dei cantanti impegnati nelle due prime ci sono due diversi mondi e sistemi di fare teatro musicale.

E’ rassicurante e prevedibile lo Chènier scaligero. A chi obietta che il quadro storico, sia pure di sfondo, che Illica serve a Giordano imbriglia qualsiasi velleità registica, basterebbe mostrare un DVD della produzione a firma David Mc Vicar nella quale ogni dettaglio è curato, la gestualità mai ridondante e il gioco di sguardi intrigante. Perchè oggi è impensabile fare teatro musicale con soli costumi sfarzosi e scene eleganti, lasciare che un cantante allarghi le gambe per ghermire un acuto o porti la mano sul petto per dar vita ad un’emozione forte. Non ci sarebbe alcun motivo per fare sei settimane di prove per un debutto molto atteso senza un vero lavoro sulla prestazione attoriale.

Voliamo a Roma e ci immergiamo nella contemporaneità, sia pure in una situazione di vantaggio laddove La Damnation de Faust è un lavoro frammentario intessuto attorno al mito di Faust. Qui Damiano Michieletto sfodera tutto il suo armamentario trash, pulp, e ci fa dimenticare che Veronica Simeoni canta Le Roi de Thulé mentre Mephistophélès insinua le sue mani sotto l’abito rosso di lei. Le difficoltà dell’aria diventano asperità vere e proprie ma il mezzosoprano recita e trascende il suo compito di cantare.

La Marche Hongroise diventa un iperrealistico episodio di bullismo sul Faust mortificato di Cernoch, noi ci crediamo e il nostro è un sentimento empatico così come diventa di repulsione durante la trasformazione di Alex Esposito in grosso e ributtante serpente tentatore prima del duo d’amour. 

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Al termine della ripresa TV ci dimentichiamo facilmente dello Chenier milanese, diventa nient’altro che un tassello nella collezione di immagini televisive che ogni giorno ci vengono servite. La Damnation de Faust dal Teatro dell’Opera di Roma continua invece a frullarci nella mente, e non è affatto facile scrollarci di dosso situazioni e fotogrammi perchè parla di noi, della contemporaneità e dei guasti dell’oggi.

 

 

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